In materia di usucapione di beni immobili i requisiti per maturare il possesso ventennale utile a tali fini vengono delineati in maniera precisa dagli articoli 1158 codice civile  e seguenti, come interpretati dalla giurisprudenza, e corrispondono al possesso esercitato in modo continuativo per vent’anni in assenza di violenza e clandestinità con animus del proprietario per il periodo indicato, ovvero con un comportamento che dimostri inequivocabilmente l’intenzione del soggetto di esercitare un potere sulla cosa corrispondente a quello del proprietario: il possesso esercitato con animus del proprietario deve essere, quindi, pacifico, ininterrotto ed anche pubblico.

Recentemente la giurisprudenza di merito si è soffermata su quest’ultimo requisito della pubblicità del possesso, specificando che non è sufficiente un atto meramente interno, dovendo il pieno possesso degli immobili essere esercitato corpore et animo, in maniera inequivoca e pubblica, ossia visibile a tutti o almeno ad un’apprezzabile ed indistinta generalità di soggetti (Tribunale Roma 05/03/2019, n. 4953) ed esercitato in maniera ininterrotta per oltre vent’anni.

La sentenza è stata emessa sulla scorta del consolidato principio della Suprema Corte, secondo cui la signoria sulla cosa deve essere tale da rilevare anche esternamente con il compimento di atti e tale da essere indiscussa in quanto visibile a tutti, e non solo ad una ristretta categoria di persone. Tale caratteristica vale ad escludere l’elemento della clandestinità.

Così il Tribunale di Roma, con la suindicata sentenza, ha ritenuto usucapita una porzione di terreno che era stata sempre ad uso esclusivo del solo appartamento di un palazzo sito al piano terreno, che veniva utilizzato come giardino di modo che l’utilizzo esclusivo era da almeno vent’anni visibile a tutti. Detta porzione nella costruzione del palazzo era stata sottratta alla proprietà vicina e, poi, per oltre vent’anni utilizzata come giardino dal proprietario al pian terreno.

Differentemente la Corte di Cassazione in una diversa ipotesi ha cassato la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto pubblico il possesso di un vano accessibile solo mediante una botola d’ingresso, situata in un retrobottega, visibile solo a chi avesse la possibilità di entrare nel locale (Cass. 11624/2008).

Ancora vale rilevare che secondo la Suprema Corte, poiché il requisito della continuità si basa sulla necessità che il possessore esplichi costantemente il potere di fatto corrispondente al diritto reale o di proprietà, lo stesso deve essere manifestato con il compimento puntuale di atti di possesso conformi alla qualità ed alla destinazione della cosa e tali da rivelare, anche esternamente, una indiscussa e piena signoria di fatto sulla cosa stessa. Ciò in contrapposizione e a contrasto con l’inerzia del titolare del diritto.

Differente è, poi, il concetto di continuità del possesso da quello dell’interruzione del medesimo: ed infatti la prima si riferisce esclusivamente al comportamento del possessore. Per quanto riguarda l’interruzione del possesso, invece, la stessa può derivare dal fatto del terzo che privi il possessore del possesso (interruzione naturale) o dall’attività del titolare del diritto che compia un atto di esercizio del diritto medesimo, nella specie, il possessore di una servitù di veduta ne aveva dismesso per un certo periodo l’esercizio, eliminando con la schermatura di una terrazza ogni possibilità di inspectio e di prospectio sul fondo limitrofo (Cass. 10652/94).

Ancora non contano ai fini della dimostrazione della continuità/non continuità gli espedienti che il possessore potrebbe attuare per apparire proprietario, quanto bisogna riferirsi al fatto che il possesso sia stato acquistato ed esercitato pubblicamente, cioè in modo visibile e non occulto, così da palesare l’animo del possessore di volere assoggettare la cosa al proprio potere.

E ciò si badi bene senza che sia necessaria l’effettiva conoscenza da parte del preteso danneggiato (Cass. 17/07/1998, n. 6997).

Nel caso oggetto del pronunciamento sopra citato la decisione dei giudici è stata incentrata su alcune testimonianze che hanno confermato di avere visto occupata l’aia oggetto del contenzioso dall’attore e, prima ancora, dal nonno dello stesso senza contestazioni; mentre non sono state ritenute rilevanti altre circostanze quali ad esempio il fatto che gli sia stata revocata una concessione edilizia in difetto di titolo di proprietà.