È noto che i contratti di locazione ed anche i contratti di affitto di fondi rustici sono soggetti all’obbligo di registrazione ai sensi del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, articolo 3 (Testo Unico Imposta Registro articolo 17, commi 1-3 bis, e articolo 3 lett. a).
Detto obbligo di registrazione nei contratti di affitto di fondo rustico, differentemente che nei contratti di locazione abitativa o non, ha una rilevanza di tipo fiscale ma non civilistico nel senso che la sanzione di nullità prevista dall’articolo 1, comma 346, legge 30 dicembre 2004 n. 311 (legge finanziaria 2005) non è da ritenersi applicabile agli stessi.
La norma citata così recita: “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari o di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”.
La Cassazione con sentenza dell’8 gennaio 2016 n. 132, confermata da un pronunciamento recente, Cassazione 6 marzo 2020 n. 6408, ha indicato numerosi criteri interpretativi della normativa volti ad escludere appunto che detta sanzione di nullità si possa riferire ai contratti agrari.
In primis se è vero che anche i contratti di locazione costituiscono i diritti relativi di godimento, in cui potrebbero farsi rientrare anche i contratti di affitto disciplinati oltre che dalla legge speciale anche dagli articoli 1615 e seguenti c.c., tuttavia la precisazione normativa in commento si spiega, secondo la Suprema Corte, se riferita sia a contratti tipici diversi dalla locazione (es. il comodato) sia a contratti atipici che abbiano come effetto la costituzione di diritti relativi di godimento, intendendo il legislatore impedire le elusioni della legge che si sarebbero potute riscontrare con l’utilizzazione di fattispecie contrattuali anche atipiche, diverse dalla locazione, ma aventi effetti analoghi.
Ad avvalorare quanto sopra è l’indicazione di legge di “(…) unità immobiliari ovvero … loro porzioni” da ricondursi a immobili iscritti al catasto urbano e non al “fondo” o ai “terreni” oggetto della legge 3 maggio 1982, n. 203.
Sul punto non rileva che i fabbricati rurali siano per legge iscritti al catasto urbano in quanto gli stessi sono strumentali al fondo.
Il presupposto da cui muove la Suprema Corte è che la disciplina dei contratti agrari è speciale e del tutto distinta da quelle sulle locazioni di immobili urbani (legge 27 luglio 1978, n. 392), e, nell’ambito di queste ultime, sulle locazioni di immobili adibiti ad uso abitativo (legge n. 431 del 1998 cit.) e non può essere equiparata a quella stessa normativa.
Anche i contratti verbali che ai sensi dell’art. 41 legge 203/1982 se ultranovennali sono validi ed efficaci nei confronti di terzi in deroga agli articoli 1350 n. 8 e 2643 n. 8 (secondo cui tutti i contratti novennali debbono farsi per atto pubblico e scrittura privata sotto pena di nullità), pur soggetti all’obbligo di registrazione, non possono essere sanzionati con la nullità in mancanza di questi.
Alla luce delle considerazioni fatte, per quanto la Corte di Cassazione affermi il principio di diritto per il quale la legge 30 dicembre 2004, n. 311, articolo 1, comma 346, (legge finanziaria 2005) non si applica ai contratti di affitto a coltivatore diretto, aventi ad oggetto terreni e fabbricati rurali, pur se soggetti all’obbligo della registrazione, lo stesso può essere comunque riferito in generale a tutti i contratti di affitto di fondo rustico.
Così anche le convenzioni assistite pur non espressamente citate dalla Cassazione, essendo regolate dall’articolo 45 legge 203/1982 ritengo si debbano far rientrare nei criteri anzi detti.
In conclusione detti contratti pertanto sono validi ed hanno effetto riguardo ai terzi, a prescindere dall’adempimento dell’obbligo fiscale, anche se verbali o non tr