La Cassazione, con sentenza 8 maggio 2014 n. 9978, si è espressa su di un caso riguardante la concessione di un podere ad una famiglia coltivatrice, la quale si impegnava a coltivarlo ed a ripartirne spese ed utili con il concedente, con divisione dei frutti e delle spese ancorché in percentuale diversa con il concedente, ed ha interpretato, sul solco di un precedente indirizzo (Cass. 2007 n. 8834, Cass. 2000 n. 683, Cass. 25404/2009) un siffatto accordo tra le parti come contratto partecipativo/associativo vietato ai sensi dell’articolo 45 comma 2 l.n. 203/82 e, conseguentemente, nullo. L’articolo 45 comma 2 l.n. 203/82 stabilisce che: “È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida”.
La sentenza succitata, interpretando la norma, ha ribadito il principio granitico secondo cui il contratto di affitto di fondo rustico regolato dalla legge 1982 n. 203 si configura come un contratto in cui la proprietà non ha alcuna partecipazione all’impresa altrui: il concedente fornisce unicamente un fondo, per il quale riceve una controprestazione/corrispettivo con un canone di mercato in denaro.
Si noti che l’articolo 27 l.n. 203/82 titola “Riconduzione all’affitto” e stabilisce che: “Le norme regolatrici dell’affitto dei fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti agrari, stipulati dopo l’entrata in vigore della presente legge, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici”.
In merito, tuttavia, la Suprema Corte precisa che tale riconduzione non può riguardare i soli contratti associativi, visto il divieto di cui all’articolo 45 comma 2 l.n. 203/82, ma i “soli contratti atipici omogenei, sotto il profilo causale, all’affitto, in quanto caratterizzati dallo scambio tra concessione in godimento di un fondo rustico e altre utilità, mentre resta preclusa ogni possibilità di pretendere la conversione in affitto dei contratti associativi stipulati nella vigenza della l.n. 203 citata che, stipulati in violazione dell’articolo 45, comma 2, sono nulli”.
I principi meglio specificati nella suddetta sentenza sono i seguenti:
– l’articolo 45 l.n. 203/82 ha tassativamente negato la possibilità di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria e compartecipazione dopo l’entrata in vigore della legge 3 maggio 1982 n. 203, salvo conversione dei contratti in corso all’epoca dell’introduzione della legge, che quindi sono nulli;
– alla luce di tale divieto, ai contratti associativi agrari stipulati dopo l’entrata in vigore della legge non si applica la riconduzione alla normativa del contratto di affitto stabilito dall’articolo 27 l.n. 203/82.
A riprova di quanto sopra la Cassazione 13 aprile 2007 n. 8834 ha rilevato che deve ritenersi preclusa qualsiasi possibilità di rinnovazione tacita dei rapporti agrari di tipo associativo ancora in vigore al momento dell’entrata in vigore della legge sui contratti agrari (e non convertiti in affitto a richiesta di una delle parti), poi scaduti ai sensi degli articoli 25 e 34 l.n. 203/82; la preclusione di una rinnovazione tacita di tali rapporti si basa proprio sull’assunto che la stessa si risolverebbe nell’instaurazione di nuove convenzioni in contrasto con il divieto di legge di cui all’articolo 45 comma 2 l.n. 203/82 che sono nulle.