Nell’eventualità di decesso di proprietario di fondi rustici condotti direttamente da lui o dalla sua famiglia chi può succedergli nella conduzione?
L’articolo 49, comma 1, della legge 1982 n. 203, nell’ottica di preservare la continuità nell’ordinamento produttivo, stabilisce il diritto a continuare nella conduzione o nella coltivazione dei fondi per quelli tra gli eredi che, al momento dell’apertura della successione, risultino avere esercitato e continuino ad esercitare su tali fondi attività agricola, in qualità di imprenditori a titolo principale o di coltivatori diretti, e ciò anche per le porzioni ricomprese nelle quote degli altri coeredi.
L’articolo è chiaro nel definire le condizioni ed i soggetti in presenza dei quali si applichi tale diritto ovvero devono sussistere i seguenti presupposti:
– la qualifica di erede e contestualmente che lo stesso sia anche coltivatore diretto o iap;
– la coltivazione/conduzione continuata da parte di quest’ultimo dei fondi del de cuius anche al momento dell’apertura della successione;
– la sussistenza di una comunione ereditaria tra chi ha coltivato e continua a coltivare i fondi del de cuius e gli altri coeredi e avente ad oggetto i fondi sui quali si intende costituire il rapporto di affittanza ex articolo 49 della legge n. 203/1982.
Proprio in ragione della finalità della norma, che è quella di garantire la continuità dell’attività dell’azienda agricola, deve rilevarsi che l’ipotesi dalla stessa regolata riguarda il consolidamento di una situazione di fatto relativo a quello tra gli eredi che già si occupava della coltivazione diretta dei fondi devoluti in eredità, prima della morte del de cuius; ciò avviene tramite la costituzione appunto di un rapporto di affitto ex lege (affitto coattivo) della durata di quindici anni a partire dall’apertura della successione nei confronti degli altri coeredi: non rientra in tale ipotesi, invece, il caso in cui vi sia la pregressa sussistenza di altro titolo di affittanza.
Così ultimamente anche la Corte di Appello di Perugia, Sezione Specializzata Agraria, 19/08/2020, richiamando un indirizzo consolidato di Cassazione ha ribadito la differenza tra l’affitto coattivo regolato dall’articolo 49, comma 1, l.n. 203/1982 ed il caso di un affitto volontariamente stipulato con il proprietario finché questi fu in vita ed in essere al momento dell’apertura della successione.
Un conto è l’affitto coattivo che si instaura in favore di quello degli eredi che già coltivi il fondo in presenza delle condizioni indicate, altro conto è che sussista un distinto titolo contrattuale in essere al momento dell’apertura della successione, ipotesi quest’ultima cui non si applica dall’articolo 49 comma 1, in quanto l’erede coltivatore risulta già tutelato a fronte di autonomo contratto stipulato a suo tempo con il de cuius, ai sensi del disposto del successivo articolo 49 comma 3. Tale comma stabilisce che il contratto non si scioglie per la morte del concedente, per cui l’erede stesso, in qualità di concessionario “ex contractu”, continua ad usufruire del godimento del fondo rustico (cfr. Cass. 30.9.2016 n. 19412; Cass. 20 agosto 2015 n. 17006; Cass. 2001/4975), con subentro in tal caso degli eredi del de cuius nell’autonomo titolo negoziale quali concedenti.
Nell’ipotesi di affitto coattivo vale rilevare che il mancato accordo sul canone in via consensuale non costituisce alcun ostacolo alla costituzione ex lege di un rapporto di affitto tra i coeredi, avendo specificato la Cassazione con una recente sentenza (n. 25759 del 14/10/2019) che l’omessa determinazione del canone in via consensuale “si sopperisce mediante i meccanismi generali di integrazione del contratto, ossia sulla base dell’applicazione analogica dell’articolo 1474 c.c., comma 2, facendo riferimento al prezzo di mercato”.