La legge 26 febbraio 2010, n. 25, dispone che: “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, (…) gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonché le operazioni fondiarie operate attraverso l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare ISMEA, sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecarie nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1%. (…) I predetti soggetti decadono dalle agevolazioni se, prima che siano trascorsi cinque anni dalla stipula degli atti, alienano volontariamente i terreni ovvero cessano di coltivarli o di condurli direttamente”.

Si ricorda che, con la soppressione del termine di scadenza, le agevolazioni per la piccola proprietà contadina sono divenute definitive (articolo 1, comma 41, della legge 13 dicembre 2010, n. 220).

La legge 26 febbraio 2010, n. 25 si rifà alla pregressa normativa in tema di PPC (legge n. 604/1954) adeguandone il contenuto. Anche per tale ultima normativa vale quanto stabilito dall’articolo 11 dlgs. 228/2001, comma 1, in tema di decadenza dai benefici ovvero: “Il periodo di decadenza dai benefici previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice è ridotto da dieci a cinque anni”

Lo stesso articolo 11, ai commi 2 e 3, stabilisce eccezioni alla regola della decadenza supra stabilita, ovvero se il beneficiario prima che siano trascorsi 5 anni dalla stipula dell’atto alieni il terreno ovvero cessi di coltivarli e di condurli direttamente. In particolare il comma 3 così recita: “Non incorre nella decadenza dei benefici l’acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui ai commi 1 e 2, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l’attività di imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile, come sostituito dall’articolo 1 del presente decreto. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all’attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l’insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore”.

Recentemente la Suprema Corte (Cassazione sezione Tributaria 18 maggio 2022 n. 15905), nell’interpretare la suindicata norma, ha stabilito che l’esclusione dalla decadenza dei benefici opera anche nelle ipotesi in cui l’affitto o la vendita vengano effettuate a favore della società -sia essa di persone che di capitale – il cui oggetto sociale sia riconducibile all’articolo 2135 c.c. e che abbia una compagine societaria composta esclusivamente dai soci legati da un rapporto coniugale di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo con l’originario beneficiario della prestazione.

La Cassazione fonda tale principio di salvezza delle agevolazioni, basandosi sulla normativa di cui al dlgs 99/2004 e successive modifiche ed integrazioni, con particolare riferimento alle previsioni relative alle società agricole qualificate come Imprenditori Agricoli Professionali (articolo 1 comma 3 dlgs 99/2004 e articolo 2 comma 4 ma si veda anche il comma 4 – bis che estende le agevolazioni anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto).

Proprio in ragione della sostanziale equiparazione, operata dal legislatore del 2004, delle società agricole IAP con la persona fisica che ha assunto qualifica di IAP, la Corte ha ritenuto di applicare le eccezioni di decadenza, di cui all’articolo 11 comma 3 dlgs 228 n. 2001, anche alle società agricole IAP composte dai familiari con la linea di parentela specificata nel medesimo articolo, per essere mantenuta in questi casi la presunzione di continuità della coltivazione del fondo.

Secondo la Suprema Corte, anche se la normativa tributaria e di agevolazione è soggetta ad un’interpretazione restrittiva, quanto statuito in ordine all’applicabilità delle agevolazioni anche alle società agricole composte dai familiari non costituisce una deroga a tale principio, comportando un mero adeguamento al dettato normativo.